Vieri Tosatti (1920-1999) è stato un importante musicista, autore del testo e della musica di opere liriche rappresentate nei più importanti Teatri italiani (Milano, Venezia, Trieste, Bologna, Bergamo, Roma, Cagliari, Palermo, ecc.) nonché all’estero e alla RAI. Ma egli apparteneva a quella schiera di musicisti convinti che – anche dopo gli sfaceli del ‘900 – la Musica fosse capace di risollevarsi da sola e trovare nuove e più moderne forme espressive pur senza rinnegare la sua grande tradizione ottocentesca. E questo ha finito per portarlo in rotta di collisione con quelle correnti musicali egemoni che – nei lontani anni ’50/60 – in Italia facevano capo alle ideologie marxiste e promuovevano la dodecafonia, le “avanguardie” e gli sperimentalismi in genere. E alla fine Tosatti è stato travolto dal sistema, con l’aiuto della musicologia e dalla critica “allineate e contubernali”, e di fatto estromesso dai circuiti teatrali.
Occorre pur dire che, in parte, se la è anche voluta, con quell’intransigente rifiuto di ogni compromesso che sempre lo ha distinto. Basti dire che – considerando il suo miglior lavoro di gioventù (la “Partita a pugni”, feroce parodia di un incontro di boxe, definita da Franco Mannino come un’opera che in 15 minuti ha cambiato la musica e il Teatro del ‘900) come una “cantata profana” non rappresentabile in forma teatrale – solo per questo l’ha ritirata dalle scene mentre era contemporaneamente programmata da sei Teatri e le repliche stavano superando quelle della “Lucia di Lammermoor”… Non contento, l’ha poi rifiutata ad una compagnia di negri che intendeva portarla nel mondo in abbinamento con “Porgy and Bess” di George Gershwin ed infine… all’Arena di Verona!
Questi sono solo alcuni dei tanti “suicidi artistici” con i quali Tosatti è riuscito ad autoespellersi da tutti i circuiti musicali. Oggi i divieti sono caduti con la sua morte, e così nel 2005 a Spoleto il duo pianistico Brusco/Scolastra e il grande Elio Pandolfi hanno eseguito il “Concerto della demenza” (1943, folle parodia del Futurismo), e nel 2012 la “Partita a pugni” (di cui si è detto sopra) è stata finalmente eseguita a Roma (Teatro Olimpico), Foligno e L’Aquila. Il Compact Disc della TACTUS con le 5 opere pianistiche edite è apparso di recente, e due convegni – il primo a Bari e il secondo a Frosinine – nel 2016, e interamente dedicati a Tosatti. Insomma, qualcosa oggi si muove, e l’auspicio è che tutto ciò possa contribuire alla riscoperta di un grande della musica ingiustamente dimenticato.
Le (poche) opere letterarie risalgono agli ultimi 20 anni di vita, allorquando il Maestro – disgustato dagli ambienti musicali in genere e reso cieco dal glaucoma – abbandonò la composizione, ritirandosi nella villa di Sacrofano. Oltre al romanzo fantastico “Principe Azzurro” scrisse due volumetti di racconti (“Altri paesi” e “Nostre avventure”), una raccolta di polemiche e pensieri sparsi (“Capitoli scompagni”) e soprattutto una selezione di cinquanta poesie in tedesco, con traduzione italiana a fronte. Ne musicò poi quattro, rompendo il silenzio degli ultimi 20 anni e creando così il “Gedichtkonzert”. Altre due poesie (forse le più belle) furono splendidamente musicate dall’ex-allievo Andrea Riderelli, e si possono trovare su Internet alla voce “Zwei Tosatti Lieder”.
Sul Tosatti uomo c’è poco da dire, essendo stata la sua vita quasi interamente dedicata alla musica. Fin dalla gioventù fu tormentato da gravi malattie polmonari, alle quali reagì sprezzantemente recandosi in Conservatorio con gli aghi addosso e rafforzando così probabilmente quel graffiante spirito paradossale e sarcastico che lo ha sempre difeso nei momenti peggiori.
La sua stralunata propensione all’assurdo e al paradosso si manifestarono (in privato) con scherzi e giochetti che molti ricordano ancor oggi (ad es. Carlo Verdone, nel suo nuovo libro scaturito dall’abbandono della casa avita, ricorda ancora una serata in cui Tosatti, nauseato dalla banalità delle persone e delle musiche, mise in corto circuito l’impianto elettrico, fuggendo poi da una finestra…). Ma vi furono anche delle memorabili “cene delle beffe” a base di portate immangiabili, poi due stanze trasformate in sale di supplizi per gli incauti che vi si avventuravano, sedute spiritiche parimenti beffarde, ecc. E vi fu anche la “fase cinematografica”, che produsse due memorabili opere in “passo ‘16”: “Il punto” (assurda parodia dei Cinegiornali che affliggevano gli spettatori d’allora, con “servizi” tra i quali l’inaugurazione di una “modernissima” fabbrica di sugo di pomodoro dalle efferate modalità di preparazione. Memorabile fra tante il cane bavoso pronto a raccogliere i pomodori schizzati fuori della tinozza, durante la spremitura fatta con i piedi….) e “Il ciambellone” (una festicciola borghese funestata da un dolce che non si può tagliare neppure con la fiamma ossidrica. Ne seguono sempre più folli tentativi fino all’esplosione finale dell’intero palazzo, con il Ciambellone intatto fra le macerie che viene assunto in Cielo sulle note del “Crepuscolo degli Dei”…), Questi filmetti gli furono richiesti da vari cinema d’essai, e poi… dalla Biennale di Venezia, ma lui – sempre fiero nel discriminare tra lavoro serio e buffonate private – li rifiutò…
Va però riconosciuto – tornando indietro nel tempo – che tale propensione alle fughe dalla realtà non aveva impedito a Tosatti di aderire ad un gruppo politico clandestino antifascista, e questo proprio in quegli anni intorno al 1943 in cui anche il solo dissenso morale bastava per esporre a gravi pericoli. Con la sua proverbiale onestà Tosatti ammette di non aver mai pensato a compiere “atti eroici”. Ad impedirglielo non era tanto il disastroso stato di salute, quanto il fatto che mai e poi mai sarebbe stato capace di sparare o far saltare in aria un Tedesco. La Germania era per lui la seconda patria (ovviamente non quella di Hitler ma quella di Goethe, Holderlin, Novalis, dei Grimm, di Rilke, di Mahler, Brahms, R.Strauss, ecc.). Un “Paesaggio dell’ Anima” (certamente almeno in parte immaginario) nel quale ravvisava la sua vera Patria. Di certo, con tali presupposti anche i Nazisti più idrofobi erano per lui “fratelli che sbagliano”.… Sarebbe ingiusto farsi oggi beffe di tali scrupoli, se si pensa a cosa fu la guerra delle ideologie lungo tanta parte del ‘900, e come i paralleli crimini di Stalin e suoi emulatori furono per decenni coperti, negati e poi minimizzati o giustificati…. Due volte – salute a parte – Tosatti rischiò la vita durante la guerra: la prima quando una bomba d’aereo scavò un cratere a pochi metri dalla bella casa di Piazza Albania, e la seconda quando un bravo conducente fermò all’istante il tram ed esortò tutti a scappare poiché a pochi metri era in corso una retata dei Tedeschi per rifornire i campi di lavoro….
Nel 1948 sposò Valeria Ravot-Licheri, compositrice, notevole pianista, poetessa ed attrice drammatica, con la quale aveva poco prima eseguito il Concerto della Demenza nell’unica rappresentazione consentita, avendo da lei due figli. Il matrimonio non bastò per riportare Tosatti alla ragione, che continuò a dilettarsi con il Meccano, gli scherzi e le serate all’insegna della follia, giungendo alle manipolazioni di nastri magnetici con suoni sconci (altro sberleffo alle avanguardie).
Valentino Tosatti